La sentenza della Cassazione
La Corte di Cassazione nell’ordinanza interlocutoria ha innanzitutto richiamato i principi recentemente affermati dalle sentenze 9993/2018 e 2899/2019 della stessa Corte, che escludevano la possibilità per l’amministrazione finanziaria di recuperare a tassazione, una volta spirato il termine di cui all’articolo 43 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, i ratei relativi a componenti reddituali pluriennali, salvo il caso in cui la contestazione faccia riferimento solo ed esclusivamente alla mera erronea determinazione del rateo. Infatti, secondo le citate pronunce, la contestazione nel merito di detti oneri deve avvenire entro il termine per la rettifica della dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui il componente è maturato, contabilizzato e iscritto per la prima volta in bilancio.
Ciò nonostante, con l’ordinanza in commento, gli ermellini hanno ritenuto una simile interpretazione opinabile e non del tutto convincente.
In particolare, la Corte rammenta che, il citato articolo 43, fissa il termine di decadenza del potere impositivo a decorrere dalla data di presentazione di ciascuna dichiarazione senza prevedere alcuna deroga per i componenti di reddito pluriennali, e pertanto, ne fa discendere la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di rettificare nel merito ciascun singolo rateo cui il componente reddituale è suddiviso.
Inoltre, rileva che i principi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza 280/2005, che ricalca quanto chiarito dalla giurisprudenza fin qui citata, non siano riferiti alla decadenza in genere ma solo alla notificazione delle cartelle di pagamento.
Infine, la Cassazione evidenzia che le norme civilistiche e tributarie impongono tempi di conservazione dei documenti molto lunghi e pertanto, in caso di “dilatazione” dei termini di decadenza non verrebbe comunque leso il diritto di difesa dei contribuenti. A tal proposito, aggiungono i giudici, sembra doversi ritenere che il concorso alla determinazione della base imponibile, anno dopo anno, dei componenti di reddito pluriennali comporti l’autonoma riaffermazione in ciascuna dichiarazione dei presupposti di fatto e di diritto per computare gli stessi componenti nella base imponibile di quel periodo, con la conseguenza che anche i termini per la conservazione della documentazione, relativa ai fatti costitutivi del componente di reddito, vadano a rinnovarsi di anno in anno.
Alcune considerazioni
Secondo la Suprema Corte, quindi, l’Amministrazione può ridiscutere nel merito e rivalutare nel quantum tutti gli oneri pluriennali, come ad esempio ammortamenti, spese di manutenzione eccedenti il 5 per cento del valore dei beni ammortizzabili o le detrazioni sulle ristrutturazioni e l’efficientamento energetico degli immobili.
Ciò vuol dire concretamente che, nel caso in cui le Sezioni Unite dovessero avallare tale tesi, potrebbe verificarsi che, l’Agenzia delle entrate contesti l’indeducibilità delle quote di ammortamento di un immobile o la mancata spettanza di una detrazione per interventi di ristrutturazione edilizia il trentottesimo o il quindicesimo anno successivo al fatto costitutivo, limitando notevolmente l’efficacia della garanzia costituzionale dettata dall’articolo 24 della Costituzione, e per sua emanazione, dall’articolo 43 del Dpr 600/1973. Il che obiettivamente appare esagerato.